L’ascensore usato dall’operaio come montacarichi “per accelerare il suo lavoro”
Con Cassazione Penale, Sez.IV, 7 luglio 2016 n.28250, la Corte ha confermato la condanna di numerosi soggetti per omicidio colposo in danno del lavoratore M.F., “il quale, addetto al cantiere sito in …, cadeva nel vano ascensore mentre trasportava con una carriola il materiale necessario per i lavori che stava effettuando, consistenti nella chiusura delle tracce in precedenza realizzate dagli impiantisti, riportando lesioni tali da cagionare l’immediato decesso”.
La condotta del lavoratore è definita dalla sentenza come “ben lontana dall’apparire esorbitante dalle mansioni lavorative o imprevedibile”, in quanto “l’operaio aveva deciso di utilizzare l’ascensore come montacarichi all’evidente scopo di accelerare il suo lavoro e, per farlo, non aveva dovuto superare alcuna difficoltà, visto che i cancelletti metallici provvisori non erano chiusi con lucchetto o altro dispositivo che richiedesse l’uso di chiavi, e che il pannello di comando provvisorio dell’ascensore non era provvisto di alcun sistema che impedisse l’uso ai non autorizzati (bastava solamente collegare il cavo di alimentazione ad una presa di corrente per rendere funzionante la macchina elevatrice, che poi poteva essere messa in moto agendo sui pulsanti del quadro di comando).”
La Cassazione sottolinea che “la raccomandazione orale del datore di lavoro a non usare l’ascensore, anche ammesso che fosse stata fatta, non sarebbe stata sufficiente, visto che in ultima analisi era proprio la difficoltà di portare i carichi in quota, dovuta all’organizzazione del cantiere, a indurre all’inosservanza della “raccomandazione” nell’interesse della stessa ditta esecutrice dei lavori, e non era stata comminata, né di certo sarebbe stata adottata, alcuna sanzione nei confronti di chi fosse stato colto a trasgredirvi.”
Transpallet usato per sollevare il conducente dell’autocarro al fine di “rendere più rapide le operazioni di carico”
Con Cassazione Penale, Sez.IV, 1° luglio 2016 n.27051, la Corte ha confermato la condanna di G.S.P. per il reato di lesioni colpose gravi con violazione di norme antinfortunistiche per avere “utilizzato un trans pallet non solo per montare il carico sul mezzo di trasporto, ma anche per issare il conducente del mezzo DG.A. all’interno del vano dell’autocarro per aiutarlo a ricevere il materiale che doveva essere posto all’interno, per rendere più rapide le operazioni di carico del mezzo.”
Già la Corte d’Appello aveva evidenziato che “tale uso del mezzo trans pallet elettrico era espressamente in contrasto con il manuale di uso del mezzo che escludeva che lo stesso potesse essere impiegato per sollevare persone, soffermandosi altresì a chiarire l’efficienza causale della colpa attribuibile al ricorrente, proprio in ragione degli obblighi imposti dall’art.71 comma IV lett.a 1 D.Lgs 81/2008 al responsabile della sicurezza sul luogo di lavoro, norma precipuamente indirizzata al fine di evitare infortuni del genere.”
In conclusione, “in tale contesto pertanto la circostanza che la persona offesa abbia potuto assumere una posizione errata, ovvero attuare una scelta operativa azzardata per velocizzare le operazioni di carico non può assumere alcun rilievo esimente per il responsabile della sicurezza, che avrebbe dovuto impedire al G.S.P. di utilizzare il trans pallet per issarsi sul vano porta carico dell’automezzo, prassi lavorativa che si poneva in contrasto con lo specifico divieto stabilito dalla disciplina del mezzo di carico.”
La macchina insaccatrice usata scorrettamente “per esigenze di celerità”
Una prassi abituale scorretta finalizzata a velocizzare il lavoro è oggetto di Cassazione Penale, Sez.IV, 20 settembre 2019 n.38845, una sentenza che ha confermato la condanna della datrice di lavoro di una S.p.a. committente (un salumificio) e della datrice di lavoro della cooperativa appaltatrice per aver cagionato lesioni personali gravi ad un dipendente di quest’ultima (MA.M.) che era addetto alla macchina insaccatrice.
Mentre le istruzioni del costruttore “prescrivevano che, in caso di esaurimento della carne da insaccare, la macchina venisse spenta e l’operatore provvedesse quindi a spingere verso il basso la carne rimasta”, il lavoratore infortunato, “contrariamente alla procedura prevista, provvedeva a spingere la carne rimasta nella tramoggia dell’insaccatrice con un pestello e quindi con le mani, mentre un altro dipendente avviava la macchina, cosicché la persona offesa toccava con le dita le palette metalliche in rotazione, con conseguente amputazione parziale delle falangi distali di due dita.”
In particolare, “dalle dichiarazioni della persona offesa, del collega B.A., di M.R., caporeparto, e di M.S., suo vice, emerge che la manovra pericolosa effettuata dal MA.M. costituiva, da anni, prassi abituale per tutti i lavoratori del salumificio, i quali sistematicamente eludevano il dispositivo di sicurezza costituito dallo scalino, operando in due (uno faceva funzionare il macchinario mentre l’altro spingeva i residui di impasto), in modo da far prima e non sprecare nulla.”
Dunque, “se è indubbia la sussistenza di profili di colpa a carico del lavoratore, nel compimento di un’operazione certamente imprudente, quest’ultima, lungi dal poter essere ascritta ad una estemporanea ed imprevedibile scelta del MA.M., rientrava in una prassi abituale, adottata, da anni, da tutti gli addetti alla lavorazione, per esigenze di celerità e di snellimento degli incombenti operativi.”
Violazioni delle norme di sicurezza in un cantiere che era “strutturato per eseguire in brevissimo tempo le opere commissionate”
Questa in estrema sintesi la situazione descritta da Cassazione Penale, Sez.III, 20 febbraio 2015 n.7783: a seguito di sopralluogo in un cantiere, l’Organo di Vigilanza contestava al datore di lavoro che “mancavano adeguate impalcature o comunque le opere precauzionali atte a limitare il pericolo di caduta di persone o cose; i ponteggi installati in cantiere erano privi di scale e di un sistema di ancoraggio, nonché dei dovuti parapetti.”
La sentenza precisa che “tutte le violazioni di cui alla rubrica sono state commesse perché il cantiere in questione era strutturato per eseguire in brevissimo tempo le opere commissionate, circostanza, questa, che consente di ritenere la volontarietà del prevenuto al mancato rispetto delle norme di sicurezza al fine di abbreviare i tempi di esecuzione dei lavori commissionatigli”.
Il risparmio di tempo quale risparmio di spesa “in termini di giornate di lavoro pagate e di costo complessivo dell’opera”: condannata la persona giuridica ai sensi del D.Lgs.231/01
Concludiamo questa breve rassegna - che come sempre non pretende di essere esaustiva - con una sentenza emanata circa un mese fa (Cassazione Penale, Sez.IV, 10 settembre 2021 n.33595), con cui la Corte ha condannato diversi soggetti amministratori per lesioni colpose nonché applicato alla S.p.a. il D.Lgs.231/01 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, in virtù del vantaggio derivante dai tempi di velocizzazione.
Nello specifico il lavoratore infortunato, “mentre si trovava sulla sommità di un forno fusorio in fase di installazione presso lo stabilimento della F. s.p.a. precipitava da un’altezza di m.3,20 procurandosi le lesioni gravi già descritte: i lavori riguardavano la fornitura e installazione alla F. s.p.a. di un forno fusorio da parte della O. F. s.r.1., la quale si avvaleva per la realizzazione e la sistemazione del refrattario della D.E. s.r.l., che, a sua volta, subappaltava alla T.A. srl i lavori che avvenivano nel periodo di chiusura delle attività ordinarie della F. s.p.a.”.
Nel confermare la responsabilità (anche) della persona giuridica, la Cassazione evidenzia che la “F. spa ha più volte ribadito la decisione di contenere l’attività di realizzazione del forno di cui all’imputazione nel periodo di chiusura estiva della società. Per quanto si sia verificato che ciò non ha trovato concreta realizzazione (atteso che le opere sono iniziate prima e sono finite dopo la chiusura estiva) può affermarsi che sia emerso un diretto interesse alla maggior concentrazione possibile dei tempi di realizzazione, se non altro per consentire la disponibilità del nuovo forno alla piena ripresa dell’attività produttiva.”
Una “concentrazione che sarebbe stata sicuramente compromessa da una più attenta attività di verifica e di coordinamento tra le ditte che dovevano operare per la realizzazione del forno stesso.”
Non va dimenticato a tale proposito - secondo la Corte - che “al risparmio di tempo corrisponde in via logica e fattuale un corrispondente risparmio di spesa in termini di giornate di lavoro pagate e comunque di costo complessivo dell’opera.”
E “specularmente, la fretta nella realizzazione delle opere evitando la necessaria precisione di verifica e di gestione dei rischi costituisce sintomo e nello stesso tempo effetto della disorganizzazione strutturale con la quale la F. spa ha deliberatamente stabilito di dar luogo all’attività nel corso della quale T.C.C. subiva il grave infortunio sopra ricostruito.”
La Corte specifica poi che “il contratto di acquisto del forno, inoltre non indica alcuna voce di spesa relativa alla sicurezza dei lavoratori. Voce che dunque non è in alcun modo stata presa in considerazione nella stipula.”
Se “è pur vero che la F. spa ha qui prodotto la nota di sintesi delle spese sostenute dall’azienda in materia di sicurezza”, tuttavia “ciò conferma che - a fronte di una prassi operativa che solitamente tiene conto dei rischi interni e della necessità di far fronte alle spese per la salvaguardia dell’incolumità e della salute dei propri dipendenti - altrettanto non è stato attuato nel caso di specie, nella erronea convinzione che fosse sufficiente attribuire la gestione dei rischi ed i costi ad essi connessi al venditore”.
In conclusione, “con ciò, si è fatto buon uso del principio secondo cui, in tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica, il vantaggio di cui all’art.5, D.Lgs.8 giugno 2001, n.231, operante quale criterio di imputazione oggettiva della responsabilità, può consistere anche nella velocizzazione degli interventi che sia tale da incidere sui tempi di lavorazione (v. anche Sez.4, Sent. n.13575 del 5 maggio 2020).”
Fonte articolo: Puntosicuro