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COVID-19: IL RIENTRO A LAVORO DI UNA PERSONA CONTAGIATA

Covid-19: la gestione della persona contagiata che rientra al lavoro

Come gestire la persona contagiata che rientra al lavoro in ambito non sanitario. Le indicazioni per i medici competenti.

SIML ha registrato e reso disponibile gratuitamente il corso FAD " IL RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE NELLA GESTIONE DEL RISCHIO DI CONTAGIO DA COV-SARS". L'obiettivo del progetto formativo gratuito, accreditato 20 CFU, è di fornire al medico del lavoro ed al medico competente un aggiornamento sugli aspetti tecnico-scientifici della pandemia e di fornire raccomandazioni operative sulle modalità di gestione dei vari aspetti dell'infezione da Sars Cov 2 in ambito lavorativo.

Le commissioni Medici Competenti e Medici della Sanità hanno predisposto il documento introduttivo “La persona contagiata che rientra al lavoro- ambito non sanitario” su alcuni aspetti trattati nella FAD, che pubblichiamo di seguito.

La persona contagiata che rientra al lavoro - Ambito non sanitario
Questo documento (a cura della Commissione Permanente sull'Attività Professionale dei Medici Competenti) anticipa alcuni contenuti della FAD SIML “ Il ruolo del MC nella gestione del rischio di contagio da SARS-CoV-2” alla cui fruizione integrale si rimanda. Tali contenuti - inerenti la gestione della persona contagiata che rientra al lavoro in ambito non sanitario - sono stati coordinati con quelli dell’analogo documento prodotto dalla Commissione Medici della Sanità, inerente l’operatore sanitario contagiato che rientra al lavoro. Per gli aspetti di inquadramento clinico si rimanda alla FAD stessa, mentre una prima proposta di monitoraggio nel tempo del lavoratore con esiti Covid, che potrà essere di qualche orientamento anche per l’ambito non sanitario, è contenuta nella parte finale del documento ora citato.

Inquadramento e monitoraggio emergono da una raccolta delle evidenze di letteratura riguardo gli aspetti fisiopatologici e clinici finora meglio consolidatisi e che presumibilmente saranno suscettibili di osservazione da parte del Medico Competente (MC). Anche se questi lavoratori-pazienti saranno più direttamente gestiti da altri specialisti, potrà comunque risultare utile avere un modello di presentazione-tipo della malattia e dei suoi esiti (che certo dovrà essere confermato, integrato o confutato in base a nuove evidenze). Per la riammissione in comunità ed il rientro al lavoro della persona contagiata si rimanda alla nota SIML: "Criteri per il termine dell’isolamento di pazienti COVID-19" ed agli ulteriori aggiornamenti tecnici o legislativi diffusi dai soggetti preposti.

La visita di reintegro
Inquadramento normativo: Il coordinamento normativo tra i DPCM contenenti il cosiddetto Protocollo condiviso, la Circolare del Ministero della Salute del 29/04/2020 inerente specificamente l’attività del MC ed infine il D. Lgs. 81/08, ci costringe ad addentrarci in un territorio come quello giuridico con cui, ancor più di quanto fatto finora, dovremo imparare a familiarizzare. A questo proposito va notato che una Circolare Ministeriale o un DPCM (senza specifica delega legislativa) non possono integrare un Decreto Legislativo e non possono quindi introdurre una nuova tipologia di visita ai sensi del D. Lgs. 81/08. Al contrario, è vero che un DPCM (soprattutto se richiamato da un Decreto Legge validamente convertito) è una norma di forza sufficiente ad istituire una nuova tipologia di visita, che va ad affiancarsi a quelle previste dal D. Lgs. 81/08 evitando anche di incorrere nel divieto posto dall’art. 5 della L. 300/70.

A proposito della Circolare va notato che questa ha - tra gli altri - lo scopo di orientare le attività di sorveglianza sanitaria, anche fornendo dei criteri utili a stabilire una priorità nella programmazione delle attività sospese, al fine di favorirne un ordinato recupero. Va ribadito a questo proposito che le attività cliniche svolte nel contesto della sorveglianza sanitaria - non solo durante questa emergenza - devono attenersi a rigorosi standard igienico-profilattici; vanno svolte in ambienti che garantiscano il decoro e la dignità dei lavoratori sorvegliati, degli operatori e dei MC stessi; devono soddisfare il principio della adeguatezza e quindi devono avere durata e contenuto congrui a garantire la corretta valutazione clinica dello stato di salute dei lavoratori. Utilizzando il criterio desumibile dalla lettura della Circolare - in maniera indicativa e non certo letterale - risulta che la programmazione, in particolare delle visite di sorveglianza sanitaria, potrebbe seguire questo ordine di priorità decrescente:
  • su richiesta del lavoratore “fragile”
  • in occasione del cambio di mansione del lavoratore “fragile”
  • di reintegro per i ricoverati in ospedale
  • di reintegro per i lavoratori con infezione
  • preventiva, anche in fase preassuntiva
  • in occasione del cambio mansione
  • alla ripresa del lavoro dopo 60 giorni
  • su richiesta del lavoratore non “fragile” (e se vi fosse addirittura la necessità di stabilire una priorità all’interno delle visite periodiche)
  • periodica del lavoratore con età maggiore di anni 55
  • periodica per lavoratori con età minore di anni 55
Riguardo i DPCM contenenti il cosiddetto Protocollo condiviso, è noto che essi prevedono la necessità di effettuare una “Visita di reintegro”. Il primo tentativo da esperire è di provare a ricondurre questa visita - ed il Giudizio di idoneità che in tal caso verrà formulato - al D. Lgs. 81, attraverso la sensibilizzazione del lavoratore affinché faccia richiesta di una Visita straordinaria (art. 41 c. 1 lett. c).

È comunque possibile che il lavoratore non faccia tale richiesta; in tal caso deve essere effettuata comunque la Visita di reintegro, annotando che è stata eseguita ai sensi del DPCM in vigore al momento e ad esito della quale andrà anche formulato un Giudizio di idoneità.

L’espressione del Giudizio di idoneità, anche al di fuori dell’ambito del D. Lgs. 81, è lecita innanzitutto perché lo stesso Decreto non ne contiene la definizione. Essa, soprattutto, è venuta codificandosi come forse la principale tra le prerogative del MC, il cui inquadramento teorico è rinvenibile nelle “Linee Guida SIMLII per la Sorveglianza sanitaria” che, nell’individuarne la metodologia necessaria per la sua formulazione, lo definisce come la “verifica della compatibilità individuale tra le condizioni di rischio della mansione e lo stato di salute del lavoratore".

Particolarmente attuale in questo frangente si dimostra anche la precisazione ivi rinvenibile che non di rado l’emissione di un Giudizio deve contemplare anche una valutazione della validità, ovvero di elementi dello stato di salute attinenti l’integrità psico-fisica dell’individuo.

Queste Visite, per riepilogare, vanno quindi effettuate:
  • per il reintegro progressivo dei lavoratori;
  • indipendentemente dalla durata dell’assenza;
  • per valutare profili specifici di rischiosità;
  • al fine di verificare l’idoneità alla mansione.
Ulteriore questione è stata posta dalla discrasia tra i DPCM (Infetto) e la Circolare (Ricoverato) su quando vada effettuata la Visita di reintegro. Non ignorando che a rigore il DPCM è una norma di rango prevalente, ma rifacendosi comunque ad un provvedimento normativo come la Circolare, ci sembra possibile indicare la necessità di effettuare sistematicamente tale Visita solo in caso di soggetto che abbia patito un ricovero ospedaliero. Inoltre, non solo il termine “infettato” contenuto nel DPCM risulta molto vago ed eccessivamente estensivo, ma sottoporre tutti i contagiati ad una visita, senza un preliminare vaglio da parte del MC, appare un adempimento burocratico senza nessun reale contenuto clinico. È ovvio, invece, che tali visite saranno assolutamente necessarie ove il lavoratore sia adibito ad una mansione i cui rischi specifici incidano sugli organi o apparati colpiti dalla patologia (ad esempio quando abbiano il polmone tra gli organi bersaglio o quando richiedano un non irrilevante impegno cardio-vascolare).

È utile riepilogare a questo punto quali sono gli obblighi informativi che la Circolare impone al lavoratore, il quale, oltre a dover presentare al datore di lavoro ed al MC la certificazione del Dipartimento di prevenzione di avvenuta negativizzazione, deve anche comunicare - esclusivamente - al MC:
  • di essere stato ricoverato in seguito ad infezione da SARS-CoV-2;
  • di essere stato sottoposto ad indagini con “tampone”;
  • di qualunque variazione del proprio stato di salute legato all’infezione da SARS-CoV-2 (la Circolare cita in particolare: episodi di polmonite, infezioni respiratorie gravi, fisioterapia respiratoria);
  • di essere stato sottoposto dall’Autorità alla misura della quarantena;
  • di aver osservato un periodo di isolamento domiciliare fiduciario;
  • di essere stato contatto con caso sospetto.
Nonostante tale obbligo, ed allo scopo di evitare che qualunque situazione inerente il contatto con il SARSCoV-2 possa sfuggire al vaglio del MC, è comunque necessario che tutte le visite di sorveglianza sanitaria contengano anche un momento preliminare di valutazione anamnestica Covid-orientata.

Contenuti ed esiti
Le Visite di reintegro richiederanno, quindi, come sempre fanno i Medici Competenti, l’incrocio tra le caratteristiche della mansione e quelle dell’individuo.
Riguardo la Mansione, oltre ai rischi specifici - come ovvio - andranno anche tenute in considerazione:
  • le condizioni microclimatiche,
  • il dispendio energetico (gravosità);
  • la presenza di irritanti e/o tossici per le vie aeree
Riguardo l’individuo - anche qui il richiamo è ovvio - andranno considerati:
  • i fattori di ipersuscettibilità;
  • la presenza di comorbilità;
  • una precisa stratificazione degli esiti patologici.
In particolare, in merito al contrasto della ipersuscettibilità, è opportuno che il MC si adoperi in maniera proattiva, anche in questa particolare occasione, affinché siano svolte nel contesto aziendale campagne di contrasto alle abitudini tabagiche e per la effettuazione della vaccinazione antinfluenzale.
Una completa valutazione delle condizioni del lavoratore potrà richiedere, oltre all’acquisizione della eventuale documentazione sanitaria, in particolare in seguito a ricovero, anche la necessità di effettuare eventuali ulteriori accertamenti sanitari; i loro costi, se necessari alla formulazione del Giudizio di idoneità e nonostante possano gravare su aziende già in affanno, dovranno essere sostenuti dai Datori di Lavoro. Diventeranno, anche a questo proposito, ancora di maggiore importanza la costruzione di un rapporto strategico con la Medicina Generale ed un ulteriore sviluppo degli ambulatori di Medicina del Lavoro “di II livello”.
Va anche ribadito a questo punto che tali ulteriori accertamenti andranno ad affiancarsi a quelli effettuati secondo il previgente Protocollo sanitario, ma non lo integreranno, in quanto una modifica del Protocollo è - come noto - possibile solo in funzione di una modificazione dei rischi specifici, così come da esiti della Valutazione. Analoga precisazione può forse essere utile a proposito della periodicità degli accertamenti stabilita dal Protocollo sanitario, che non può variare in presenza di un rischio generico come quello da Nuovo Coronavirus. Vanno tenute distinte le questioni della sospensione e differimento delle attività di Sorveglianza causate dall’emergenza da quella della modifica delle periodicità degli Accertamenti del Protocollo sanitario, operabile solo in seguito a modificazioni dei risultati della Valutazione dei Rischi.
Riguardo l’utilizzo dei test sierologici in ambito occupazionale si rimanda ai documenti già ampiamente conosciuti: la Circolare del Ministero della Salute, il parere del Garante per la Protezione dei dati personali e le posizioni espresse dal Comitato scientifico SIML; nonché al precedente Documento di questa Commissione.

Quando sarà possibile, i Medici Competenti sapranno indicare le modalità di corretto utilizzo dei test sierologici - anche sotto il profilo deontologico - nell’ambito occupazionale. Ribadendo che tali test potranno - nell’ambito non sanitario - solo affiancarsi agli Accertamenti previsti dal Protocollo sanitario per i rischi specifici, vale la pena ricordare che tale condizione non potrà realizzarsi in tempi presumibilmente brevi. In ogni caso i test sierologici non possono sostituire il test molecolare e non possono essere quindi usati per la Sorveglianza sanitaria o per decidere sul reintegro al lavoro o comunque per valutare l’idoneità alla mansione. Appare necessario infatti ribadire che, per quanto sensibilità e specificità possano essere elevate, esse non forniscono informazioni sulla probabilità che quel soggetto sia realmente contagiato. La probabilità che ha un soggetto, risultato positivo (o negativo) ad un test, di essere realmente infettato (o meno) è espressa dal Valore predittivo positivo (o negativo) che, al contrario di specificità e sensibilità, non è una caratteristica intrinseca del test, ma è funzione dalla prevalenza del virus nella popolazione.

In conclusione, è necessario ribadire che ove siano in vigore disposizioni regionali che dispongano l’effettuazione dei test ed il MC sia coinvolto nella gestione dei loro esiti, andranno efficacemente informati i lavoratori delle implicazioni in merito all’isolamento necessario in seguito ad eventuali positività. Il MC dovrà anche chiarire la imprescindibile necessità di un percorso che regoli con certezza e celerità l’accesso di questi lavoratori alla indagine PCR.

Riguardo infine i possibili esiti della Visita di reintegro, innanzitutto andrà individuata la tempistica dell’eventuale monitoraggio (alcuni cenni indicativi sono contenuti nel paragrafo dedicato del Documento per l’ambito sanitario sopra citato).

Potranno poi essere necessarie l’introduzione di ulteriori misure strutturali e/o organizzative e la formulazione di prescrizioni, limitazioni o non idoneità (con le consuete modalità e difficoltà che sempre il MC deve affrontare, in particolare nelle aziende di più piccole dimensioni).

Tutte queste visite, comunque, dovranno prevedere un momento specificamente dedicato alla valutazione della sostenibilità dei DPI. A tal proposito l’art. 75 del D. Lgs. 81/08 inquadra in maniera inequivocabile il loro corretto uso: essi vanno impiegati solo quando i rischi non possono essere evitati o ridotti attraverso preliminari modificazioni strutturali e/o organizzative. Al momento, comunque, non esistono evidenze certe che li individuino come causa di un possibile aumento dello sforzo respiratorio o del carico cardiovascolare; è certo invece che, almeno soggettivamente, i DPI possono generare discomfort per cause in particolare psicologiche. Ad un primo inquadramento di tale aspetto possono concorrere i contenuti dell’Allegato VIII del D. Lgs. 81/08 (Rischi derivanti dall’uso del dispositivo e dal dispositivo stesso).

Ruolo degli “ambulatori di II livello” nel reinserimento lavorativo
Il reinserimento lavorativo è frequentemente causa di difficoltà per il MC. Tra i Colleghi delle altre Discipline, infatti, ancora non si è consolidata la prassi di definire le capacità funzionali residue nel medio e lungo periodo dei loro pazienti. Manca così al MC quell’inquadramento clinico-prognostico che è, invece, dirimente ai fini di una corretta definizione della idoneità specifica.
Come noto, il reinserimento lavorativo non coincide con la sola formulazione del giudizio di idoneità. Oltre agli eventuali interventi di prevenzione tecnica ed organizzativa in azienda è infatti necessario che in questi casi la sorveglianza sanitaria non solo valuti lo stato di salute del lavoratore in tempo reale ma che ne monitori nel tempo anche l’evoluzione.
La recente previsione normativa che impone di effettuare la visita medica di reintegro, ma soprattutto la prevedibile necessità di monitorare questi lavoratori nel medio–lungo periodo, in un ambiente che ne sappia inquadrare i profili idoneativi, rende probabilmente improcrastinabile il rafforzamento o la creazione ex novo, presso gli Istituti Universitari o le Unità Ospedaliere di Medicina del Lavoro, dei cosiddetti centri di “secondo livello”, ovvero di ambulatori specialistici incentrati sulla nostra Disciplina, ma con vocazione multidisciplinare.
Esistono già per tali strutture evidenze significative sulla loro utilità ed efficacia. Ad esempio, nel miglioramento della presa in carico del lavoratore con disabilità psichica, nella migliore definizione del suo profilo di idoneità come anche in un miglioramento del suo reinserimento occupazionale. Riguardo il reinserimento del lavoratore cardiopatico, tali strutture permettono una più precisa valutazione funzionale e stratificazione prognostica della patologia, ma anche un aumento dei tassi di reinserimento, nell’aderenza alle prescrizioni e della soddisfazione soggettiva, nonché il mantenimento dei risultati terapeutici nel medio periodo. Ancora, riguardo i soggetti con broncopneumopatie croniche, si è constatato che la compromissione funzionale valutata solo con la spirometria o con il walking test possono comportare una non precisa stima della severità degli esiti. In questi ambulatori, grazie alla possibilità di effettuazione della misura del TLCO e del test cardiopolmonare, invece, è possibile un preciso inquadramento prognostico con miglioramento della definizione delle strategie terapeutica e preventiva in ambito occupazionale.
La possibilità di poter contare su riferimenti certi ed accessibili, ove già non ci siano, i quali a loro volta possano poi attivare - in maniera ragionata e coordinata - percorsi diagnostici, terapeutici e riabilitativi all’interno delle stesse strutture ove sono presenti, contribuirebbe in maniera decisiva al superamento della condizione di isolamento professionale che spesso affligge l’attività del MC.

Fonte: Puntosicuro
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