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AMBIENTI CONFINATI: COME PREVENIRE I RISCHI

Ambienti confinati: formazione, addestramento, briefing e lavoro in team

 La prevenzione dei rischi negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.  Formazione, addestramento, briefing e lavoro in team.

L’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori
Per poter prevenire gli infortuni negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, oltre ad una corretta valutazione di tutti i rischi nell’ambiente di lavoro e alla redazione di adeguate procedure operative di sicurezza e procedure di emergenza e salvataggio, il datore di lavoro deve provvedere ad un’adeguata informazione, formazione e addestramento dei propri lavoratori: solo un lavoratore idoneamente formato e informato sulle caratteristiche dell’ambiente confinato e sui rischi presenti in esso, nonché adeguatamente addestrato ad operare in tali luoghi oltre che ad utilizzare le attrezzature e i dispositivi di protezione preventivamente definiti, può riconoscere le eventuali criticità dell’ambiente stesso e può avere la prontezza di agire in modalità tali da permettergli di mettersi al sicuro.

Dal momento che il rischio non è mai azzerabile, l’agire sui comportamenti, sulla formazione del lavoratore, sulle procedure e sulla cultura della sicurezza possono costituire utili barriere all’errore umano, barriere che permettono a quel rischio non azzerabile di potersi almeno ridurre drasticamente.

L’obbligo da parte del datore di lavoro di informare i lavoratori sui rischi dell’attività lavorativa e di formarli affinché essi stessi siano, con i loro comportamenti sicuri e con il rispetto delle procedure, una misura di prevenzione dai rischi presenti, sono sanciti dagli Artt. 36 e 37 del D.lgs. n.81/2008.

Per quanto riguarda l’attività di informazione dei lavoratori sui rischi presenti nell’ambiente di lavoro e sulle procedure operative e di emergenza redatte dal datore di lavoro, nei casi di attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, si possono rilevare delle particolarità:

I lavoratori devono essere informati su tutti i rischi presenti, quindi sui rischi specifici derivanti dalla tipologia e struttura dell’ambiente confinato, sui rischi collegati alle attività lavorative da porre in essere all’interno di tali luoghi, sui rischi derivanti da attività lavorative svolte in precedenza che potrebbero interferire con le loro e dai possibili rischi rinvenibili a seguito di cambiamenti repentini dell’atmosfera all’interno dello spazio confinato. È notevole quindi la mole di informazioni che il datore di lavoro deve trasmettere ai propri lavoratori, senza considerare che i rischi sono mutevoli in base alle realtà specifiche e ai diversi tipi di ambienti confinati nei quali si possono trovare ad operare i lavoratori.
Per poter gestire nella misura più accurata questo trasferimento di informazioni, il datore di lavoro dovrebbe dotarsi di un metodo organizzativo/gestionale per permettere, caso per caso, lavorazione per lavorazione, un richiamo e una spiegazione dei rischi associabili a quel determinato ambiente confinato in cui si vuole operare. Il solo mettere a disposizione la valutazione dei rischi non permette infatti di spronare il lavoratore all’interessarsi ai rischi a cui è soggetto, in quanto il tema della prevenzione e della sicurezza, ad oggi, è visto ancora come secondario all’esecuzione del lavoro stesso. Un utilissimo metodo di trasferimento delle informazioni, con una gestione basata sulla pianificazione programmata degli interventi, è la convocazione di un brefing informativo, precedente all’attività lavorativa da svolgersi, in cui partecipino tutti i soggetti operanti all’interno e all’esterno dell’ambiente confinato.
Oltre ai rischi, i lavoratori devono essere adeguatamente informati anche sulle procedure operative e di emergenza da rispettare. Non potendo prevedere delle procedure standardizzate a causa della variabilità delle situazioni in cui i lavoratori operano, il datore di lavoro, nel caso di attività lavorative in spazi confinati, deve necessariamente elaborare le procedure caso per caso; queste, come le informazioni sui rischi connessi all’attività e sulla pericolosità dell’utilizzo di determinate sostanze pericolose, possono essere anch’esse richiamate e assimilate da parte dei lavoratori in sede di briefing antecedente alle operazioni stesse.
 
Per quanto riguarda invece l’attività di formazione dei lavoratori, il DPR n. 177/2011, all’ Art.2 comma 1 lett d), prevede che “I contenuti e le modalità della formazione di cui al periodo che precede sono individuati, compatibilmente con le previsioni di cui agli articoli 34 e 37 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, entro e non oltre 90 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, con accordo in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le parti sociali.”

A riguardo si sono sviluppati numerosi dubbi interpretativi a seguito dell’entrata in vigore dell’ASR n.221 del 21/12/2011, contenente la disciplina circa la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione dei lavoratori, dei preposti e dei dirigenti.

Il parere generale sembrerebbe però escludere la convergenza della formazione prescritta ex DPR n. 177/2011, con quella prevista dall’ ASR n.221 del 2011, ma si dovrebbe trattare di una formazione specifica aggiuntiva in funzione della particolarità delle attività lavorative in ambienti confinati e delle caratteristiche aziendali, delineata per quanto riguarda i contenuti minimi, la durata e le modalità della formazione stessa da un ulteriore ASR mai emanato; quindi la formazione dei lavoratori in spazi confinati al momento sembra essere regolata solo esclusivamente dall’ Art. 37 del D.lgs. n.81/2008 e dall’ ASR n. 221 del 21/12.

La formazione aggiuntiva, da fornire agli operatori in spazi confinati, dovrebbe comprendere delle fasi di analisi dei rischi prendendo in esame degli scenari tipici o quelli più comuni nella realtà aziendale in cui operano i lavoratori, e delle fasi pratiche che permettano agli operatori aziendali di assimilare i comportamenti e le nozioni necessari ad un lavoro in piena sicurezza.

Il DPR n.177/2011, in tema di formazione, ha precisato che, nel caso il datore di lavoro fosse operativo nelle attività in spazi confinato, dovrebbe ricevere anch’esso la formazione specifica.

Importante da ricordare che, il preposto, in attività tali, deve esser necessariamente formato secondo le disposizioni previste dall’ASR n.221 del 21/12/2011; la figura del preposto di fatto, che non è stato formato adeguatamente, può costituire una grossa fonte di rischio nelle attività lavorative in spazi confinati.

Nell’ambito inoltre delle procedure di emergenza e soccorso, viene prescritta l’informazione e la formazione degli operatori sulle stesse. A mio parere sarebbe utile prevedere che tutti gli operatori, e non solo parte di essi, fossero formati come addetti alle emergenze antincendio e addetti di primo soccorso, prevedendo per quest’ultimo una speciale formazione che permetta loro di acquisire le competenze per il trattamento dell’infortunato all’interno dello spazio confinato.

I lavoratori che operano in ambienti confinati devono inoltre essere addestrati in relazione a:
  • Utilizzo dei dispositivi di protezione individuale di III categoria;
  • Utilizzo delle strumentazioni e attrezzature di lavoro;
  • Procedure operative di sicurezza;
  • Procedure di emergenza e salvataggio.
L’addestramento, in attività lavorative così complesse come quella degli ambienti confinati, risulta propedeutico ad una maggior sicurezza dell’operatore e ad evitare che lo stesso ponga in essere comportamenti errati che possono comportare dei possibili scenari infortunistici. Inoltre, l’addestramento effettuato con il proprio team lavorativo può permettere una maggior coesione del gruppo, oltre ad aumentare la fiducia tra colleghi, e può permettere di rivelare problematiche inerenti alle dinamiche del gruppo stesso, come per esempio la mancanza di attitudine ad essere leader nella persona del preposto, che dovrebbe sorvegliare e dirigere le operazioni nelle reali attività lavorative.

Briefing e debriefing
Al fine di permettere un trasferimento di tutte le informazioni necessarie ad operare in sicurezza, nelle procedure per gli ambienti confinati dovrebbero essere previsti dei momenti di briefing antecedenti all’attività e dei momenti di debriefing successivi ad essa.
L’utilità di operare prevedendo tali strumenti deve esser ravvisabile nella possibilità di chiarire eventuali dubbi dei lavoratori sulle procedure prima dell’ingresso nell’ambiente confinato, dando le giuste informazioni sui rischi da prevenire, e nella possibilità, a seguito delle attività lavorative, di ripercorre le varie fasi di lavoro annotando eventuali punti di difficoltà rilevate e utilizzando l’esperienza per eventuali modifiche alle procedure operative.

Le riunioni preliminari e finali devono coinvolgere tutti i soggetti che hanno rivestito un ruolo nelle operazioni, soprattutto nelle situazioni in cui le varie attività lavorative vengono affidate a ditte diverse tramite contratti d’appalto. In quest’ultimo caso, attraverso le riunioni, si può coordinare nel migliore dei modi le operazioni e si può arrivare, soprattutto per attività che richiedono svariati ingressi nello spazio confinato, ad operare sempre con maggiore sicurezza, mettendo in contatto, non solo formale ma sostanziale, gli operatori delle varie imprese.

Questa modalità operativa dovrebbe divenire una prassi consolidata per ogni azienda operante nel settore degli ambienti confinati e non solo, in quanto, il confronto dei vari soggetti operativi attraverso la discussione preliminare all’attività può permettere una chiara definizione dei ruoli e quindi si riducono le indecisioni nella fase di lavoro e di conseguenza si riducono anche le possibilità di errori umani, mentre con l’analisi a posteriori dell’attività i vari soggetti sono portati a far emergere gli eventuali problemi riscontrati e, nel caso si fossero verificate delle situazioni di “near-miss”, possono prendere coscienza del comportamento errato posto in essere e non ripeterlo in futuro.

Ovviamente la conduzione delle riunioni deve sostanziarsi in una conduzione pacifica e non inquisitoria, evitando situazioni di conflitto tra i soggetti coinvolti.

La dirty dozen e il lavoro in team
Negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, risulta peculiare la presenza del fattore umano nella caratterizzazione degli eventi incidentali.

Le cause di commissione di errori umani che possono manifestarsi nell’ambito della sicurezza, possono essere racchiuse in un elenco di 12 pre-condizione all’errore, la cosiddetta “Dirty Dozen”, elaborata nell’ambito lavorativo dell’aviazione:

  • Poca comunicazione: fra lavoratori è necessario comunicare e segnalare in maniera scritta ciò che si è portato a termine e ciò che deve essere completato per non incorrere nell’errore di dare per scontato alcune operazioni necessarie.
  • Eccessiva presunzione: l’eccessiva presunzione e l’eccessiva sicurezza nel condurre le attività lavorative può comportare errori nella valutazione;
  • Mancanza di conoscenza: può comportare degli errori nella valutazione delle operazioni da porre in essere o delle sviste; essere sempre aggiornati, consultare le procedure e i manuali, chiedere informazioni è certamente utile alla conoscenza del rischio;
  • Distrazione: il calo di attenzione rispetto a ciò che si sta facendo dovuto a motivazioni esterne, può far aumentare il rischio di dimenticare qualcosa o di dare per scontato un’operazione che si pensa di aver svolto, ma che invece è stata interrotta. L’utilizzo corretto di check-list di controllo può permettere di sopperire a tali mancanze;
  • Mancanza di team work: è determinata da una mancanza di collaborazione e comunicazione tra gli operatori, che risultano invece essenziali per portare a termine nel giusto modo attività complesse;
  • Fatica: è necessaria una consapevolezza dei limiti individuali e dei sintomi che li anticipano, in caso di stanchezza o fatica risulta necessario non condurre operazioni complesse che richiedono un alto livello di attenzione, prendere delle pause dalle attività che si stanno svolgendo e operare con un collega al fine di controllare ciò che si sta facendo;
  • Mancanza di risorse: le risorse possono essere costituite da materiali, da sistemi di sicurezza o dal personale operativo, è necessaria una preventiva disposizione di risorse aggiuntive per evitare di operare in maniera poco sicura o non corretta;
  • Pressione: può essere determinata da altri soggetti che interagiscono con il lavoratore, causando distrazione dello stesso durante le attività o noncuranza. In primis, non deve esserci soggezione del lavoratore nei confronti delle esigenze di altri soggetti, in secundis, il lavoratore deve poter prendersi il tempo necessario a completare il lavoro;
  • Poca assertività: consiste in quella situazione di soggezione del lavoratore nei confronti di un superiore, che lo porta a non poter esprimere apertamente il proprio parere o le proprie considerazioni nell’ambito della conduzione dell’attività;
  • Inconsapevolezza: può comportare a non soffermarsi alle possibili conseguenze di gesti o decisioni determinate in caso di incidente;
  • Stress: un certo livello di stress è necessario, ma un livello superiore può comportare irrazionalità nel condurre le attività lavorative, comportando errori facilmente evitabili. Lo stress, le sue ragioni e le conseguenze devono esser conosciuti dal lavoratore e lo stesso deve poter essere in grado di gestire tali situazioni nel miglior modo possibile;
  • Mancanza di regole: le procedure di lavoro e le regole devono sempre esser seguite e rispettate, c’è sempre un motivo, magari sconosciuto al lavoratore, per il quale la procedura o la regola è stata posta.
Dall’analisi della Dirty Dozen e da quanto emerso dalla precedente trattazione, risulta ancora più pregnante la necessità intrinseca, nell’ambito degli spazi confinati, di procedere con l’elaborazione delle procedure, con l’informazione e formazione dei lavoratori e con l’operare in team.

La normativa, e la tipologia dei rischi possibili in tali ambienti, obbliga al lavoro in team, ma lo stesso team deve essere organizzato, gestito e i componenti devono essere predisposti e formati ad operare con queste modalità
Il lavoro in team necessita la collaborazione di tutti per raggiungere l’obiettivo prefissato, ma all’interno dello stesso team di lavoro devono essere presenti delle gerarchie, leader e followers, che non devono però compromettere la comunicazione: l’impartire gli ordini non deve essere sinonimo di dittatura e di superiorità, leader lo si è in quanto riconosciuti tali dal gruppo di lavoro e la comunicazione all’interno del team deve sempre essere biunivoca, leader verso followers, followers verso leader.
Delle dinamiche di gruppo deve tener debito conto il datore di lavoro per le attività in ambienti confinati: è lui che designa i lavoratori e chi, il preposto, ha il compito di vigilare sul loro rispetto delle procedure.


Fonte: Puntosicuro
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